Avete qualcosa di carino che avete scritto e dimenticato in fondo al cassetto?
avete scritto un mini racconto, una storiella, una piccola fiaba?
avete voglia di condividerla con qualcuno?
Inviatela al mio indirizzo feisbuc (fra bwaffete) corredata delle vostre informazioni e la vedrete pubblicata in questo spazio!
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Degno di Nota
racconto noir.
titolo: Splendida pazzia.
Parlando con un pazzo si capiscono molte cose.
La prima cosa che si capisce è che, guardando bene, i discorsi non sono poi tanto sballati e/o, comunque, c'è chi dice di peggio.
Una volta ho parlato con un pazzo e mi ha detto: "non vedo l'ora che il mondo finisca.." io, un pò per curiosità, un pò perché non avevo niente da fare, gli ho risposto domandando il perché di tale affermazione.
Lui mi ha risposto che non vede l'ora della fine del mondo perché almeno potrà smettere di lavorare e fare quello che vuole, preoccupandosi solamente di arrivare in fondo alla giornata ed ingegnandosi per aver salva la vita sua e delle persene a lui care. Entrati oramai nel discorso, gli ho replicato che basterebbbe smettere di lavorare e andare a vivere in un isola deserta.
Mi ha risposto che sono proprio fuori di testa.
Ha continuato a parlare, spiegano che la sua idea è quasi un sogno. Nel suo immaginario abbiamo un mondo alla "28 giorni dopo", in cui le persone non sono più quello che erano e c'è bisogno di darsi da fare per mantenersi vivi. Mi racconta quello che "ha visto". Si sveglia un giorno in cui si accorge che qualcosa sta cambiando, le persone non sono più quelle di un tempo e, fiutando il pericolo, decide di organizzare un rifugio per le persone a lui care. Inizia così a chiamare i sui familiari, i suoi amici, tutti quelli che conosce e dice loro di passare parola. Si ingegna per trovare un posto adatto alla sua idea di "salvatore della patria" che possa contenere più persone possibili e che abbia la possibilità di essere facilmente difendibile.
Mentre racconta lo osservo interessato. E' sorprende la sua capacità di astrazione dalla realtà. Inoltre adoro le storie di fantascienza.
Mi parla di un posto vicino: il centro commerciale.
Mi spiega come può diventare un ottimo rifugio, trovandosi nel mezzo ad una vasta area libera su 4 lati, enorme, pieno di viveri, recintato, solido e mi spiega che il suo piano prevede di bloccare tutte le uscite prima di entrarci. Poi si riprende, accorgendosi di aver corso un pò troppo e riparte dall'inizio.
Una volta chiamato tutti,dato disposizioni di non uscire per nessuno motivo e di chiudersi in casa, la sua idea prevede di impossessarsi di un mezzo atto a trasportare più persone contemporaneamente. "un pulman!" dico, mentre tiro fuori un paio di sigarette e gliene offro una. "esatto!" replica lui, poi si accende la sigaretta e tira un paio di boccate prima di continuare.
Credo sia felice del mio interessamento. O forse sta pensando che sono più pazzo di lui perché lo sto ascoltando.
Credo che non lo sapremo mai.
Dopo aver preso il pulman e aver capito come funziona la sua idea prevede il passare a prendere delle armi nelle armerie della zona. Dapprima partendo da casa con una buona dose di bastoni, coltelli e cose del genere, giusto in caso di pericolo immediato, e poi pistole, fucili e tutto quello che si può trovare in armeria.
Ovvio che dovrebbe essere chiusa e la vetrina andrebbe sfondata con la prima macchina trovata in giro. "naturalmente non sarei da solo", dice, "non sono un pazzo, chiamarei qualcuno di cui mi posso fidare e andrei insieme a lui. in due ci guarderemmo le spalle" poi, una volta fatto "spesa", il nostro si dirigerebbe verso le persone che ha precedentemente avvertito, passandole a prendere una ad una, spiegando la situazione a distribuendo le armi secondo le capacità di ognuno.
Una volta arrivati alla "base" la preoccupazione principale sarebbe quella di controllarla, nel caso qualcuna di quelle bestie si fosse introdotta dentro e ne avesse fatto una tana. Così, gli toccherebbe entrare insieme a degli altri a controllare. Poca cosa, visto che lui è il leader. Una vota constatato che la via è libera farebbe scendere tutti e, come prima cosa, farebbe murare tutte le entrate principali.
Niente deve entrare se non è tirato su dal tetto.
Quindi si avvierebbe a controllare le uscite sul retro ed in un secondo tempo le bloccherebbe con muletti(dentro) e tir (fuori, parcheggiandoli davanti la porta). Poi cercherebbe le scale per salire sul tetto.
Una volta lì sopra disporrebbe delle persone a controllare tutto intorno e imporrebbe loro di sparare a qualsiasi cosa si muova. "è così che inizia la mia nuova vita.. niente regole, se non quelle dettate dalla morale. niente limitazioni, niente problemi, se non quello ci rimanere in vita, niente tv, niente calcio, niente discoteca, niente politica, niente estetista, niente di niente.."
Chiude così il suo racconto, ma io non mi ritengo soddisfatto. arà anche pazzo ma mi deve spiegare alcune cose. Così gli chiedo: "ma come farebbero tutte quelle persone a stare li dentro? come farebbero a lavarsi, a cucinare, a dormire? a coesistere? chi deciderebbe cosa e quanto mangiare?"
Mi guarda incuriosito. Poi fa una pausa, si guarda intorno e riprende a spiegare.
Mi dice che farebbe dei lavori dentro il supermercato. L'idea è quella di spostare tutto, togliere ogni cosa dagli scaffali, smontarli o spostarli e creare la zona notte, facendo dei mini appartamenti e creando una zona "cucine" dove mettere dei fornelli a gas. Poi farebbe costruire dei forni a legna sul tetto e risolverebbe così il problema del dormire e del mangiare. Poi, per ovviare ad altri problemi, creerebbe delle regole. Chi non lavora non mangia. Gli chiedo come farebbe a decidere chi è che lavora e chi no. Mi spiega che "pagherebbe" con moneta chi lavora: una giornata di lavoro=due monete che equivarrebbero a due pasti. Perché creerebbe un organizzazione del tipo che chi lavora riceve in cambio due monete a fine giornata e ogni moneta equivarrebbe ad un pasto. Da considerare che alle cucine metterebbe un balcone separatorio per evitare confusione.
Gli chiedo cosa succederebbe se qualcuno si lamentasse. Mi risponde che proverebbe a spiegare che: o così o caos e, di conseguenza, morte.
Gli chiedo cosa succederebbe se qualcuno facesse del male a qualcun'altro, se succedessero, insomma, dei disordini lì dentro.
Si ferma a pensare e guarda dritto davanti a se. Poi mi dice che lo ucciderebbe con le sue mani. Continuando a spiegare che nessuno dovrebbe permettersi di fare del male a qualcun'altro lì dentro. In quanto autoproclamatosi capo indiscusso è suo dovere preservare l'integrità delle persone che ha preso sotto la sua custodia. Non vuole dettare legge, solo avere il controllo della sicurezza ed organizzare al meglio ogni cosa. Se qualcuno volesse prendere il suo posto, dice, basterebbe dirglielo.
Sa che nessuno avrebbe la lucidità tale per far fronte a tutti i problemi che verrebbero fuori. "Perché?" gli chiedo.
Mi risponde che ci pensa da sempre. Ogni notte, ogni giorno, ogni volta che entra in quel supermercato si guarda intorno e immagina come sistemare determinate cose. Immagina le persone indaffarate a mettere in ordine, immagina i muri di mattoni alle entrare, immagina la gente sul tetto , fucili alla mano.
Continua a parlare spiegando come ovvierebbe al problema del bagno. Andrebbe con i suoi "guerrieri" a ripulire dalle bestie immonde la piscina comunale e porterebbe tutte le persone a fare il bagno lì, dopo averla resa sicura. Tutti potrebbero crearsi il lavoro che vogliono, secondo le proprie capacità, chi lo desidera potrebbe entrare a far parte della schiera di persone che imbracciano un arma e che, ogni giorno, vanno alla ricerca di altre persone da salvare o di viveri in generale. Va bene qualsiasi cosa, spiega, basta che nessuno stia con le mani in mano, se non per riposarsi dopo una giornata di lavoro. Anche perché sennò morirebbe di fame, visto che non riceverebbe monete da scambiare con un pranzo o con una cena.
"mah.."replico. "cosa?", mi chiede, voltandosi. Rispondo niente e chiedo come mai pensa a tutto questo. Mi dice che quello che tiene in vita una persona sono i suoi sogni. "C'è chi desidera arrivare in cima alla piramide, chi desidera una bella casa, chi un bel lavoro e si da da fare per tutto questo. io sogno la fine del mondo e mi ingegno per questo, mantenendo in vita il mio cervello e me stesso, aspettando il momento in cui tutto finirà." "e se non finirà mai?", domando. "allora avrò vissuto senza realizzare il mio sogno. ma morirò comunque dopo di te", risponde.
Domando perché ma non ricevo risposta. Sono arrivati gli infermieri.
Devo andarmene.
Saluto il mio amico, mentre esce dal cancello e si avvia verso casa. E' una brava persona, anche se fa discorsi così strani a volte che non lo si capisce quasi. Adesso prendo le medicine e me ne vado a letto. A sognare. Speriamo che quello che mi ha raccontato il mio amico non mi faccia venire gli incubi.
Mi ha impressionato. Fuori è davvero pieno di matti.
Fra.
titolo: Splendida pazzia.
Parlando con un pazzo si capiscono molte cose.
La prima cosa che si capisce è che, guardando bene, i discorsi non sono poi tanto sballati e/o, comunque, c'è chi dice di peggio.
Una volta ho parlato con un pazzo e mi ha detto: "non vedo l'ora che il mondo finisca.." io, un pò per curiosità, un pò perché non avevo niente da fare, gli ho risposto domandando il perché di tale affermazione.
Lui mi ha risposto che non vede l'ora della fine del mondo perché almeno potrà smettere di lavorare e fare quello che vuole, preoccupandosi solamente di arrivare in fondo alla giornata ed ingegnandosi per aver salva la vita sua e delle persene a lui care. Entrati oramai nel discorso, gli ho replicato che basterebbbe smettere di lavorare e andare a vivere in un isola deserta.
Mi ha risposto che sono proprio fuori di testa.
Ha continuato a parlare, spiegano che la sua idea è quasi un sogno. Nel suo immaginario abbiamo un mondo alla "28 giorni dopo", in cui le persone non sono più quello che erano e c'è bisogno di darsi da fare per mantenersi vivi. Mi racconta quello che "ha visto". Si sveglia un giorno in cui si accorge che qualcosa sta cambiando, le persone non sono più quelle di un tempo e, fiutando il pericolo, decide di organizzare un rifugio per le persone a lui care. Inizia così a chiamare i sui familiari, i suoi amici, tutti quelli che conosce e dice loro di passare parola. Si ingegna per trovare un posto adatto alla sua idea di "salvatore della patria" che possa contenere più persone possibili e che abbia la possibilità di essere facilmente difendibile.
Mentre racconta lo osservo interessato. E' sorprende la sua capacità di astrazione dalla realtà. Inoltre adoro le storie di fantascienza.
Mi parla di un posto vicino: il centro commerciale.
Mi spiega come può diventare un ottimo rifugio, trovandosi nel mezzo ad una vasta area libera su 4 lati, enorme, pieno di viveri, recintato, solido e mi spiega che il suo piano prevede di bloccare tutte le uscite prima di entrarci. Poi si riprende, accorgendosi di aver corso un pò troppo e riparte dall'inizio.
Una volta chiamato tutti,dato disposizioni di non uscire per nessuno motivo e di chiudersi in casa, la sua idea prevede di impossessarsi di un mezzo atto a trasportare più persone contemporaneamente. "un pulman!" dico, mentre tiro fuori un paio di sigarette e gliene offro una. "esatto!" replica lui, poi si accende la sigaretta e tira un paio di boccate prima di continuare.
Credo sia felice del mio interessamento. O forse sta pensando che sono più pazzo di lui perché lo sto ascoltando.
Credo che non lo sapremo mai.
Dopo aver preso il pulman e aver capito come funziona la sua idea prevede il passare a prendere delle armi nelle armerie della zona. Dapprima partendo da casa con una buona dose di bastoni, coltelli e cose del genere, giusto in caso di pericolo immediato, e poi pistole, fucili e tutto quello che si può trovare in armeria.
Ovvio che dovrebbe essere chiusa e la vetrina andrebbe sfondata con la prima macchina trovata in giro. "naturalmente non sarei da solo", dice, "non sono un pazzo, chiamarei qualcuno di cui mi posso fidare e andrei insieme a lui. in due ci guarderemmo le spalle" poi, una volta fatto "spesa", il nostro si dirigerebbe verso le persone che ha precedentemente avvertito, passandole a prendere una ad una, spiegando la situazione a distribuendo le armi secondo le capacità di ognuno.
Una volta arrivati alla "base" la preoccupazione principale sarebbe quella di controllarla, nel caso qualcuna di quelle bestie si fosse introdotta dentro e ne avesse fatto una tana. Così, gli toccherebbe entrare insieme a degli altri a controllare. Poca cosa, visto che lui è il leader. Una vota constatato che la via è libera farebbe scendere tutti e, come prima cosa, farebbe murare tutte le entrate principali.
Niente deve entrare se non è tirato su dal tetto.
Quindi si avvierebbe a controllare le uscite sul retro ed in un secondo tempo le bloccherebbe con muletti(dentro) e tir (fuori, parcheggiandoli davanti la porta). Poi cercherebbe le scale per salire sul tetto.
Una volta lì sopra disporrebbe delle persone a controllare tutto intorno e imporrebbe loro di sparare a qualsiasi cosa si muova. "è così che inizia la mia nuova vita.. niente regole, se non quelle dettate dalla morale. niente limitazioni, niente problemi, se non quello ci rimanere in vita, niente tv, niente calcio, niente discoteca, niente politica, niente estetista, niente di niente.."
Chiude così il suo racconto, ma io non mi ritengo soddisfatto. arà anche pazzo ma mi deve spiegare alcune cose. Così gli chiedo: "ma come farebbero tutte quelle persone a stare li dentro? come farebbero a lavarsi, a cucinare, a dormire? a coesistere? chi deciderebbe cosa e quanto mangiare?"
Mi guarda incuriosito. Poi fa una pausa, si guarda intorno e riprende a spiegare.
Mi dice che farebbe dei lavori dentro il supermercato. L'idea è quella di spostare tutto, togliere ogni cosa dagli scaffali, smontarli o spostarli e creare la zona notte, facendo dei mini appartamenti e creando una zona "cucine" dove mettere dei fornelli a gas. Poi farebbe costruire dei forni a legna sul tetto e risolverebbe così il problema del dormire e del mangiare. Poi, per ovviare ad altri problemi, creerebbe delle regole. Chi non lavora non mangia. Gli chiedo come farebbe a decidere chi è che lavora e chi no. Mi spiega che "pagherebbe" con moneta chi lavora: una giornata di lavoro=due monete che equivarrebbero a due pasti. Perché creerebbe un organizzazione del tipo che chi lavora riceve in cambio due monete a fine giornata e ogni moneta equivarrebbe ad un pasto. Da considerare che alle cucine metterebbe un balcone separatorio per evitare confusione.
Gli chiedo cosa succederebbe se qualcuno si lamentasse. Mi risponde che proverebbe a spiegare che: o così o caos e, di conseguenza, morte.
Gli chiedo cosa succederebbe se qualcuno facesse del male a qualcun'altro, se succedessero, insomma, dei disordini lì dentro.
Si ferma a pensare e guarda dritto davanti a se. Poi mi dice che lo ucciderebbe con le sue mani. Continuando a spiegare che nessuno dovrebbe permettersi di fare del male a qualcun'altro lì dentro. In quanto autoproclamatosi capo indiscusso è suo dovere preservare l'integrità delle persone che ha preso sotto la sua custodia. Non vuole dettare legge, solo avere il controllo della sicurezza ed organizzare al meglio ogni cosa. Se qualcuno volesse prendere il suo posto, dice, basterebbe dirglielo.
Sa che nessuno avrebbe la lucidità tale per far fronte a tutti i problemi che verrebbero fuori. "Perché?" gli chiedo.
Mi risponde che ci pensa da sempre. Ogni notte, ogni giorno, ogni volta che entra in quel supermercato si guarda intorno e immagina come sistemare determinate cose. Immagina le persone indaffarate a mettere in ordine, immagina i muri di mattoni alle entrare, immagina la gente sul tetto , fucili alla mano.
Continua a parlare spiegando come ovvierebbe al problema del bagno. Andrebbe con i suoi "guerrieri" a ripulire dalle bestie immonde la piscina comunale e porterebbe tutte le persone a fare il bagno lì, dopo averla resa sicura. Tutti potrebbero crearsi il lavoro che vogliono, secondo le proprie capacità, chi lo desidera potrebbe entrare a far parte della schiera di persone che imbracciano un arma e che, ogni giorno, vanno alla ricerca di altre persone da salvare o di viveri in generale. Va bene qualsiasi cosa, spiega, basta che nessuno stia con le mani in mano, se non per riposarsi dopo una giornata di lavoro. Anche perché sennò morirebbe di fame, visto che non riceverebbe monete da scambiare con un pranzo o con una cena.
"mah.."replico. "cosa?", mi chiede, voltandosi. Rispondo niente e chiedo come mai pensa a tutto questo. Mi dice che quello che tiene in vita una persona sono i suoi sogni. "C'è chi desidera arrivare in cima alla piramide, chi desidera una bella casa, chi un bel lavoro e si da da fare per tutto questo. io sogno la fine del mondo e mi ingegno per questo, mantenendo in vita il mio cervello e me stesso, aspettando il momento in cui tutto finirà." "e se non finirà mai?", domando. "allora avrò vissuto senza realizzare il mio sogno. ma morirò comunque dopo di te", risponde.
Domando perché ma non ricevo risposta. Sono arrivati gli infermieri.
Devo andarmene.
Saluto il mio amico, mentre esce dal cancello e si avvia verso casa. E' una brava persona, anche se fa discorsi così strani a volte che non lo si capisce quasi. Adesso prendo le medicine e me ne vado a letto. A sognare. Speriamo che quello che mi ha raccontato il mio amico non mi faccia venire gli incubi.
Mi ha impressionato. Fuori è davvero pieno di matti.
Fra.
racconto noir.
titolo: incomunicabilità
Lui è quì, lo sento.
è quì intorno e mi stà osservando o, quantomeno, stà cercando di capire dove sono per valutare la sua prossima mossa.
Credo che ce l'abbia con me. sono sicuro che gli piacerebbe sentire il mio respiro per scoprire dove mi trovo e stare più tranquillo ma ho imparato presto a fare il benché minimo rumore e aspettare.
Si tratta solo di aspettare.
Alla fine uno dei due cederà e l'altro potrà finalmente fare quello che deve fare.
Da parte mia posso dire di non avere nessuna fretta.
Spesso mi trovo in queste situazioni, in cui devo cercare di nascondermi per fare in modo di non essere catturato o, peggio, ucciso.
Non c'è limite alla barbarie umana.
Non c'è limite alla sofferenza.
Tutto quello che faccio è starmene per i fatti miei, cibarmi di quello che capita e costruire rifugi improvvisati con quello che trovo in giro, cercando di creare meno problemi possibili.
Ovvio che, per quanto stia attento, qualcosa di sbagliato possa farlo anche io.
Nessuno è perfetto.
Ma che per delle piccole begatelle rischi di venire ucciso mi sembra eccessivo.
Inoltre, come se già l'umana follia non fosse sufficente, devo essere accorto onde evitare grane da parte di gatti randagi o altri animali, che sembra ce l'abbiano tutti con me.
è dura la vita per uno come me.
E dire che ho visto alcuni essere trattati da pari o, perlomeno, essere lasciati in pace e, talvolta, ho visto persone dar loro del cibo. In alcuni casi non necessariamente per essere tenuti a distanza quanto, piuttosto, per umana carità e gioia di condividere quel dolce dono che è la vita propria e degli altri esseri viventi.
Eppure, come per contrappasso, esistono invece persone felici di far del male a chi non ha possibilità né interesse a difendersi e a far del male agli altri, se non necessariamente costretti.
Ammetto che per nostra stessa natura siamo costretti ad eliminare molti dei rapporti umani in quanto, diciamo, repellenti a causa del nostro odore e delle nostre fattezze ma credo che questo non giustifichi delle cacce indiscriminate nei nostri confronti.
Si stà avvicinando.
Deve essersi stancato di aspettare.
Credo mi abbia sentito.
Non posso più stare quì.
Lo vedo!
Corro, corro più veloce che posso e cerco di guardarmi intorno per trovare un possibile rifugio.
Cerco di infilarmi dappertutto per fuggire.
Mi passa accanto una scarpa.
Deve essersela tolta per cercare di colpirmi.
Sento dietro a me il sordo rumore di un bastone che colpisce a terra e capisco che è molto vicino e che stà cercando di colpirmi.
Per mia fortuna non ha una buona mira.
Corro.
Ho il cuore che stà per esplodermi.
Giro l'angolo e trovo una donna che inizia ad urlare. mi spaventa così tanto che torno indietro e, intanto, lui va a sbattere contro di lei.
Si riprende, ma ormai è troppo tardi.
Sono di nuovo nascosto e gli ci vorrà un pò per ritrovarmi.
Devo stare attento a non fare errori, questa volta.
Ed intanto, dal mio rifugio, ascolto la frase che ho sentito più spesso in vita mia:
"ti ucciderò, maledetto topastro".
Fra.
il titolo originale sarebbe "la roccaforte del topo" però così avrebbe un altro significato e risulterebbe banale.
titolo: incomunicabilità
Lui è quì, lo sento.
è quì intorno e mi stà osservando o, quantomeno, stà cercando di capire dove sono per valutare la sua prossima mossa.
Credo che ce l'abbia con me. sono sicuro che gli piacerebbe sentire il mio respiro per scoprire dove mi trovo e stare più tranquillo ma ho imparato presto a fare il benché minimo rumore e aspettare.
Si tratta solo di aspettare.
Alla fine uno dei due cederà e l'altro potrà finalmente fare quello che deve fare.
Da parte mia posso dire di non avere nessuna fretta.
Spesso mi trovo in queste situazioni, in cui devo cercare di nascondermi per fare in modo di non essere catturato o, peggio, ucciso.
Non c'è limite alla barbarie umana.
Non c'è limite alla sofferenza.
Tutto quello che faccio è starmene per i fatti miei, cibarmi di quello che capita e costruire rifugi improvvisati con quello che trovo in giro, cercando di creare meno problemi possibili.
Ovvio che, per quanto stia attento, qualcosa di sbagliato possa farlo anche io.
Nessuno è perfetto.
Ma che per delle piccole begatelle rischi di venire ucciso mi sembra eccessivo.
Inoltre, come se già l'umana follia non fosse sufficente, devo essere accorto onde evitare grane da parte di gatti randagi o altri animali, che sembra ce l'abbiano tutti con me.
è dura la vita per uno come me.
E dire che ho visto alcuni essere trattati da pari o, perlomeno, essere lasciati in pace e, talvolta, ho visto persone dar loro del cibo. In alcuni casi non necessariamente per essere tenuti a distanza quanto, piuttosto, per umana carità e gioia di condividere quel dolce dono che è la vita propria e degli altri esseri viventi.
Eppure, come per contrappasso, esistono invece persone felici di far del male a chi non ha possibilità né interesse a difendersi e a far del male agli altri, se non necessariamente costretti.
Ammetto che per nostra stessa natura siamo costretti ad eliminare molti dei rapporti umani in quanto, diciamo, repellenti a causa del nostro odore e delle nostre fattezze ma credo che questo non giustifichi delle cacce indiscriminate nei nostri confronti.
Si stà avvicinando.
Deve essersi stancato di aspettare.
Credo mi abbia sentito.
Non posso più stare quì.
Lo vedo!
Corro, corro più veloce che posso e cerco di guardarmi intorno per trovare un possibile rifugio.
Cerco di infilarmi dappertutto per fuggire.
Mi passa accanto una scarpa.
Deve essersela tolta per cercare di colpirmi.
Sento dietro a me il sordo rumore di un bastone che colpisce a terra e capisco che è molto vicino e che stà cercando di colpirmi.
Per mia fortuna non ha una buona mira.
Corro.
Ho il cuore che stà per esplodermi.
Giro l'angolo e trovo una donna che inizia ad urlare. mi spaventa così tanto che torno indietro e, intanto, lui va a sbattere contro di lei.
Si riprende, ma ormai è troppo tardi.
Sono di nuovo nascosto e gli ci vorrà un pò per ritrovarmi.
Devo stare attento a non fare errori, questa volta.
Ed intanto, dal mio rifugio, ascolto la frase che ho sentito più spesso in vita mia:
"ti ucciderò, maledetto topastro".
Fra.
il titolo originale sarebbe "la roccaforte del topo" però così avrebbe un altro significato e risulterebbe banale.
Dedica.
Ricordo quando mi hanno preso, per portarmi dove non potessi più vedere i miei amici, i miei parenti, la mia vita.
Ricordo il viaggio, lo scuotimento, le pareti soffocanti, altri come me, intorno.
Ricordo che fra noi ci guardavamo ma senza troppi coinvolgimenti. Tutti diversi, tutti uguali, tutti condannati ad un unico destino.
Una volta arrivati siamo subito stati destinati alla nostra angusta prigione.
Ricordo che i primi tempi siamo stati abbastanza bene, ma quando abbiamo iniziato ad essere in troppi l'ossigeno ha iniziato a scarseggiare e, poco a poco, ognuno di noi se ne è andato, creando ancora più problemi a quelli rimasti, dato che i corpi vengono rimossi sempre dopo un giorno.
Ricordo le giornate passate a frugare dappertutto alla ricerca di qualcosa da mangiare ed il buio.
Un buio che ti avvolge l'anima, che non ti fa capire quando è giorno e quando è notte e, di conseguenza, tutta la tua vita viene sballata.
Ricordo il freddo, pungente, che ti entrava dentro ed i giri intorno all'unico riparo che avevamo.
Ogni tanto dei colpi, sordi, sulle pareti e qualcuno che gettava cibo da sopra.
Questi sono i miei ricordi e presto non lo saranno più, perché anche io sarò solo un corpo da togliere da questa prigione.
L'uomo mi sta guardando da fuori. Sembra che non capisca cosa mi stia succedendo.
L'unica cosa che rimpiango e che sembra veramente dispiaciuto per me.
Forse nessuno gli ha detto che nella boccia non può starci più di un pesce rosso.
Il Fra.
Ricordo quando mi hanno preso, per portarmi dove non potessi più vedere i miei amici, i miei parenti, la mia vita.
Ricordo il viaggio, lo scuotimento, le pareti soffocanti, altri come me, intorno.
Ricordo che fra noi ci guardavamo ma senza troppi coinvolgimenti. Tutti diversi, tutti uguali, tutti condannati ad un unico destino.
Una volta arrivati siamo subito stati destinati alla nostra angusta prigione.
Ricordo che i primi tempi siamo stati abbastanza bene, ma quando abbiamo iniziato ad essere in troppi l'ossigeno ha iniziato a scarseggiare e, poco a poco, ognuno di noi se ne è andato, creando ancora più problemi a quelli rimasti, dato che i corpi vengono rimossi sempre dopo un giorno.
Ricordo le giornate passate a frugare dappertutto alla ricerca di qualcosa da mangiare ed il buio.
Un buio che ti avvolge l'anima, che non ti fa capire quando è giorno e quando è notte e, di conseguenza, tutta la tua vita viene sballata.
Ricordo il freddo, pungente, che ti entrava dentro ed i giri intorno all'unico riparo che avevamo.
Ogni tanto dei colpi, sordi, sulle pareti e qualcuno che gettava cibo da sopra.
Questi sono i miei ricordi e presto non lo saranno più, perché anche io sarò solo un corpo da togliere da questa prigione.
L'uomo mi sta guardando da fuori. Sembra che non capisca cosa mi stia succedendo.
L'unica cosa che rimpiango e che sembra veramente dispiaciuto per me.
Forse nessuno gli ha detto che nella boccia non può starci più di un pesce rosso.
Il Fra.
L'albero.
Camminava da solo, nella strada davanti casa illuminata dai lampioni.
Da lontano l'eco dell'abbaiare di un cane, delle tv accese dei vicini.
Era uscito solo per fumare una sigaretta e a pensare.A pensare alla sua vita, a quello che lo circondava ogni giorno.
Riflettendo, passo dopo passo, avanti e indietro, si era ritrovato a fissare il vecchio albero che da sempre faceva parte di quel piccolo quartiere.
Si era appena messo a pensare, osservandolo, che da quando se ne ricordava quell'albero era sempre stato lì, immutabile nel tempo, non ancora stanco della sua vita.
Lo osservò giusto il tempo di considerarlo, oramai, come un vicino di casa, benevolo, poco interessato ai fatti che si verificano ogin giorno intorno a lui e, senza quasi rendersene conto, gli uscirono dalla bocca queste parole:
"ancora quì, eh vecchimo mio?!"
E fin quì niente di strano.
capita che una persona, almeno una volta nella sua vita, parli con un vivente impossibilitato a rispondergli.
Se non che, ebbe questa risposta:
"eh si, d'altronde, dove vuoi che vada?"
l'uomo alzò lo sguardo verso l'albero, con aria assente e un pò sorpresa, aspirò una boccata dalla sigaretta ed esclamò semplicemente:
"eh.."
l'albero, se mi scusate il gioco di parole, non fece una piega e domandò all'uomo come mai non fosse poi così sorpreso di interloquire con un albero e, come risposta, ottenne queste semplici parole:
"perché probabilmente ho fuso il mio cervello e, se anche non fosse, io sono un Italiano. Con tutto quello che accade nel mio paese ogni giorno, e che sento dire, un albero che risponde alle mie domande non mi speventa più di tanto.
E l'albero non parlò più all'uomo, che si diresse verso casa dopo aver gettato via il mozzicone della sua sigaretta, ormai finita.
Il Fra.
Camminava da solo, nella strada davanti casa illuminata dai lampioni.
Da lontano l'eco dell'abbaiare di un cane, delle tv accese dei vicini.
Era uscito solo per fumare una sigaretta e a pensare.A pensare alla sua vita, a quello che lo circondava ogni giorno.
Riflettendo, passo dopo passo, avanti e indietro, si era ritrovato a fissare il vecchio albero che da sempre faceva parte di quel piccolo quartiere.
Si era appena messo a pensare, osservandolo, che da quando se ne ricordava quell'albero era sempre stato lì, immutabile nel tempo, non ancora stanco della sua vita.
Lo osservò giusto il tempo di considerarlo, oramai, come un vicino di casa, benevolo, poco interessato ai fatti che si verificano ogin giorno intorno a lui e, senza quasi rendersene conto, gli uscirono dalla bocca queste parole:
"ancora quì, eh vecchimo mio?!"
E fin quì niente di strano.
capita che una persona, almeno una volta nella sua vita, parli con un vivente impossibilitato a rispondergli.
Se non che, ebbe questa risposta:
"eh si, d'altronde, dove vuoi che vada?"
l'uomo alzò lo sguardo verso l'albero, con aria assente e un pò sorpresa, aspirò una boccata dalla sigaretta ed esclamò semplicemente:
"eh.."
l'albero, se mi scusate il gioco di parole, non fece una piega e domandò all'uomo come mai non fosse poi così sorpreso di interloquire con un albero e, come risposta, ottenne queste semplici parole:
"perché probabilmente ho fuso il mio cervello e, se anche non fosse, io sono un Italiano. Con tutto quello che accade nel mio paese ogni giorno, e che sento dire, un albero che risponde alle mie domande non mi speventa più di tanto.
E l'albero non parlò più all'uomo, che si diresse verso casa dopo aver gettato via il mozzicone della sua sigaretta, ormai finita.
Il Fra.
Voglia di dar fuoco al mondo.
Quando ero piccolo io, ale, marco e i fratelli scali andavamo a giocare in fondo alla via. a volte veniva con noi anche matteo (il nini).
andavamo in fondo alla via perché per noi ero un posto fantastico, ricco di sorprese e pericoloso al punto giusto da farti sbucciare i ginocchi se ti azzardavi a correrci in mezzo. Era, infatti, molto apprezzato per le sue qualità da tempio perduto stile indiana jones. non sapevi mai cosa ti aspettava, cosa potevi trovare e dove ti trovavi. la sua conformità era tale che per dei ragazzini come noi quello fosse un posto magico, un rifugio, dove andare a rilassarci dopo aver fatto i compiti a casa e visto lupen III.
"le trappole". Così veniva chiamato quel posto. il nome veniva dal fatto che il terreno era disseminato da buche e radici che affioravano in superficie. Le stesse radici di quelle piante che ci offrivano riparo e che ci permettevano di giocare a qualsiasi cosa che prevedesse il nascondersi agli altri. giocavamo con le pistole a pallini, a nascondino, alla "base militare ultrasegretissima" e cose così.
Le piante non erano altro che cespugli giganti di arbusti e piccoli alberi. Si sviluppavano "a palla" lasciando libero lo spazio interno. A noi bastava creare un apertura e, una volta dentro, sistemare alla meglio le foglie e i rametti per creare una vera e propria capanna.
Ci divertivamo molto.
Poi, crescendo, ci siamo resi conto che potevamo fare qualcosa per rendere migliore noi stessi e il nostro "rifugio". Rendendoci conto di quanto siano stupide le persone che lasciano lattine e quant'altro in giro, decidemmo di darci da fare per ripulire la "nostra zona" dai rifiuti. Lavorammo sodo e riuscimmo a tirar fuori un totale di tre sacchi dell'immodizia. Era molto, per un misero pezzo di terra abbandonato dove girottolavano solo 5 o 6 ragazzini.
Con l'aiuto dei genitori facemmo presente la cosa al comune, chiedendo maggiori controlli e, se possibile, più pulizia.
In tutta risposta "le trappole" venne spianato. Un bel giorno andammo in fondo alla strada e al posto delle piante c'erano qualche piccola ruspa e alcuni uomini, intenti a spostare cataste di legnetti tagliati: le nostre capanne.
Ricordo che restai a vedere quei maledetti piccoli semoventi gialli fare il loro lavoro e l'unico pensiero era il rimpianto di non avere qualche super potere per poter far esplodere ogni cosa.
Passarono alcuni anni e spostammo le nostre attenzioni su un parchetto questa volta in cima alla via. Non i soliti però. Avevamo tutti cambiato giro, tranne marco, con cui continuavo tutt'ora a bighellonare.
Ci eravamo abituati all'idea e, in fondo, potevamo anche starci. questa nuova zona era molto più spaziosa e offriva molti svaghi, come ad esempio la enorme pozza d'acqua in mezzo al campo che dopo ogni pioggia si riempiva ed era possibile passarci in mezzo con la bici e bagnarsi di acqua motosa fino alle ossa.
Questo si che era divertirsi.
Avevamo molto più spazio per fare qualsiasi cosa e a volte ci dilettavamo anche a fare un mercatino tutto nostro. Non siamo mai riusciti a vendere niente ma ci divertivamo tanto.
Ma anche quì, inesorabile, la pioggia di mattoni ha colpito.
I soldi, si sa, sono il motore della vita. Senza soldi non fai niente, senza soldi non sei nessuno e via dicendo, via dicendo.
E alla fine anche davanti casa mia hanno tirato su un palazzo orribile di..boh, sei piani?
di un colore obbrobrioso che non ho voglia nemmeno di ricordare per descriverlo. Andate a vederlo.
Ma, direte voi, che ha di strano un palazzo nuovo? perché da così tanta noia?
semplice, dove ora sorge quel palazzo, prima facevano la festa dell'unità.
Tutto il parco, almeno un paio di volte l'anno, veniva agghindato a festa. Su ogni piccolo spazio c'era qualcosa, da ogni parte cucinavano e poi la musica, la sala giochi, le ciambelle.
Con quel cazzo di palazzo tutto è scomparso.
Quando poi si sono resi conto che nessuno diceva niente allora hanno pensato bene di costruire altri palazzi intorno.
Sempre per il solito motivo del pezzetto di terra abbandonato (dove ormai crescono solo erbacce. è diventato un ricettacolo di bisce e zecche). Anche quì c'erano da fare dei lavoretti di pulizia e da cercare di migiorare le situazione in quanto c'erano dei veri e propri stagni ed erbacce lunghe un metro. Via tutto, una colata di cemento e tutto risolto. Alla faccia di chi si lamenta.
Mentre facevano i lavori io e altre persone abbiamo anche tentato di fermare le ruspe, con piccoli interventi di sabotaggio ma, come avrete ben capito (e visto) non c'è stato niente da fare.
Chiedo venìa, ma eravamo solo ragazzini e non avevamo idea di come si fa. Il danno più grande che facemmo è una scritta sul cemento fresco, che ancora c'è, tra l'altro (ma non vi dirò dove è e nemmeno cosa c'è scritto o chi l'ha fatta).
Adesso, quando tutto sembrava finito, ecco la nuova idea:
sbranare un pezzo di parco per far posto a una cazzo di rotonda di merda, in un punto dove una rotonda di merda può entrarci benissimo anche senza togliere un pezzo dal parco ma, soprattutto dove una rotonda (di merda) non serve a una sega.
La scusante che va per la maggiore è che in quella zona c'è sempre traffico ma sono solo stronzate perché il traffico c'è solo per due ore al giorno. basterebbe un merdosissimo vigile a dirigere il traffico per 15 minuti netti e tutto sarebbe risolto ma si sa, facendo rotonde il comune prende soldi dallo stato quindi...
Un altra cosa che non mi è mai andata giù è che intendono fare una rotonda in un posto dove a sinistra c'è un parco giochi per bambini e a destra c'è un bar, un tabacchino/giornalaio e la chiesa (noto ricettacolo di bambini che vanno a comunicarsi, cresimarsi, blablabbarsi).
Ma quello che mi fa veramente incazzare è che per fare la rotonda (di merda) vogliono tagliare un pezzo di parco, portando la strada PRINCIPALE a ridosso delle altalene e del parco dove i bambini giocano a pallone.
E io, stronzo, che ho passato giornate a spazzare in terra, per ripulire lo sporco lasciato da mocciosi e altri stronzi incapaci di usare i cestini . Stronzo io che ci credevo, che volevo dare una mano a un comune composto di stupidi imbecilli che pensavano solo a rifare strade o opere che riguardassero la loro zona. Stronzo io che ci credevo davvero, che ci speravo, in qualcosa di migliore. Povero, piccolo, stronzo riconcoglionito. Io, a farmi dare dell'imbecille a chi mi vedeva spazzare, a litigare coni miei amici per non fargli sporcare in terra, a litigare con i nuovi gruppi che venivano a sporcare.
riassunto: c'è stato un periodo in cui alcuni ragazzi nuovi venivano al parco a praticare skateboard e, ovviamente, come un qualsiasi gruppo di mocciosi riconglioniti, lasciavano sporco da ogni parte. Così, un giorno, oltre a pulire il loro trojaio mi sono anche prodigato in un opera di pulizia più mirata, lanciando i loro attrezzi per allenarsi dentro una siepe. Il giorno dopo abbiamo litigato e poi siamo diventati buoni amici.
A ripensarci oggi mi sento ancora più stronzo, ma lo rifarei.
Anche se poi per tutti quelli che venivano al parco io ero quello cattivo, quello che picchiava i bambini, quello che fumava le canne, quello che sporcava e via dicendo. Qualsiasi cosa succedesse al parco, qualsiasi cosa capitasse ai ragazzini il colpevole ero io. Mai nessuno che mi abbia ringraziato per aver pulito la merda che c'era, mai nessuno che mi abbia detto complimenti per aver mandato via chi si faceva le canne davanti ai ragazzini, mai nessuno che mi abbia offerto un cazzo di caffè come ringraziamento per i vari sbattimenti che dovevo sopportare. e per cosa poi?
per farmi dare dello stronzo, del nonno, del rompicoglioni, del vecchio, dell'imbecille dai miei amici e per farmi odiare da tutti i nuovi arrivati (obiettivamente: una massa di coglioni) perché vedevano in me "il cattivone".
Voi cosa vreste fatto?
io non ho mollato, finché ho potuto. Ma tra il lavoro, la fia e tutto il resto alla fine mi sono arreso. Nemmeno mi pagavano.
E la pista è diventata quello che doveva diventare. Prima l'hanno rifatta ma è servito a poco, perché orde di mocciosi hanno pensato bene di insozzare con scritte idiote e poi se ne sono andati per far posto ad altri mocciosi che passano le giornate ad ubriacarsi bevendo bottiglie contenenti alcool di dubbio gusto.
Adesso, alla luce dei fatti, posso solo dire:
mi arrendo, avete vinto voi.
fate il cazzo che vi pare di quel parco di merda. costrute la rotonda, in modo che nessuno più venga al parco, e fatelo cadere in malora così tra qualche anno potrete farci una bella colata di cemento e costruirci i vostri merdosi palazzi sopra.
In questo modo la massa di pecoroni che abitano nel circondario vi saranno anche riconoscenti perché toglierete una pozzanghera fangosa e puzzolente dalla bella vista di chi non ha capito un cazzo della vita e non sa stare al mondo senza rovinare qualcosa di bello e/o di speciale.
vi auguro una diarrea fulminante.
andate in culo.
amen.
Quando ero piccolo io, ale, marco e i fratelli scali andavamo a giocare in fondo alla via. a volte veniva con noi anche matteo (il nini).
andavamo in fondo alla via perché per noi ero un posto fantastico, ricco di sorprese e pericoloso al punto giusto da farti sbucciare i ginocchi se ti azzardavi a correrci in mezzo. Era, infatti, molto apprezzato per le sue qualità da tempio perduto stile indiana jones. non sapevi mai cosa ti aspettava, cosa potevi trovare e dove ti trovavi. la sua conformità era tale che per dei ragazzini come noi quello fosse un posto magico, un rifugio, dove andare a rilassarci dopo aver fatto i compiti a casa e visto lupen III.
"le trappole". Così veniva chiamato quel posto. il nome veniva dal fatto che il terreno era disseminato da buche e radici che affioravano in superficie. Le stesse radici di quelle piante che ci offrivano riparo e che ci permettevano di giocare a qualsiasi cosa che prevedesse il nascondersi agli altri. giocavamo con le pistole a pallini, a nascondino, alla "base militare ultrasegretissima" e cose così.
Le piante non erano altro che cespugli giganti di arbusti e piccoli alberi. Si sviluppavano "a palla" lasciando libero lo spazio interno. A noi bastava creare un apertura e, una volta dentro, sistemare alla meglio le foglie e i rametti per creare una vera e propria capanna.
Ci divertivamo molto.
Poi, crescendo, ci siamo resi conto che potevamo fare qualcosa per rendere migliore noi stessi e il nostro "rifugio". Rendendoci conto di quanto siano stupide le persone che lasciano lattine e quant'altro in giro, decidemmo di darci da fare per ripulire la "nostra zona" dai rifiuti. Lavorammo sodo e riuscimmo a tirar fuori un totale di tre sacchi dell'immodizia. Era molto, per un misero pezzo di terra abbandonato dove girottolavano solo 5 o 6 ragazzini.
Con l'aiuto dei genitori facemmo presente la cosa al comune, chiedendo maggiori controlli e, se possibile, più pulizia.
In tutta risposta "le trappole" venne spianato. Un bel giorno andammo in fondo alla strada e al posto delle piante c'erano qualche piccola ruspa e alcuni uomini, intenti a spostare cataste di legnetti tagliati: le nostre capanne.
Ricordo che restai a vedere quei maledetti piccoli semoventi gialli fare il loro lavoro e l'unico pensiero era il rimpianto di non avere qualche super potere per poter far esplodere ogni cosa.
Passarono alcuni anni e spostammo le nostre attenzioni su un parchetto questa volta in cima alla via. Non i soliti però. Avevamo tutti cambiato giro, tranne marco, con cui continuavo tutt'ora a bighellonare.
Ci eravamo abituati all'idea e, in fondo, potevamo anche starci. questa nuova zona era molto più spaziosa e offriva molti svaghi, come ad esempio la enorme pozza d'acqua in mezzo al campo che dopo ogni pioggia si riempiva ed era possibile passarci in mezzo con la bici e bagnarsi di acqua motosa fino alle ossa.
Questo si che era divertirsi.
Avevamo molto più spazio per fare qualsiasi cosa e a volte ci dilettavamo anche a fare un mercatino tutto nostro. Non siamo mai riusciti a vendere niente ma ci divertivamo tanto.
Ma anche quì, inesorabile, la pioggia di mattoni ha colpito.
I soldi, si sa, sono il motore della vita. Senza soldi non fai niente, senza soldi non sei nessuno e via dicendo, via dicendo.
E alla fine anche davanti casa mia hanno tirato su un palazzo orribile di..boh, sei piani?
di un colore obbrobrioso che non ho voglia nemmeno di ricordare per descriverlo. Andate a vederlo.
Ma, direte voi, che ha di strano un palazzo nuovo? perché da così tanta noia?
semplice, dove ora sorge quel palazzo, prima facevano la festa dell'unità.
Tutto il parco, almeno un paio di volte l'anno, veniva agghindato a festa. Su ogni piccolo spazio c'era qualcosa, da ogni parte cucinavano e poi la musica, la sala giochi, le ciambelle.
Con quel cazzo di palazzo tutto è scomparso.
Quando poi si sono resi conto che nessuno diceva niente allora hanno pensato bene di costruire altri palazzi intorno.
Sempre per il solito motivo del pezzetto di terra abbandonato (dove ormai crescono solo erbacce. è diventato un ricettacolo di bisce e zecche). Anche quì c'erano da fare dei lavoretti di pulizia e da cercare di migiorare le situazione in quanto c'erano dei veri e propri stagni ed erbacce lunghe un metro. Via tutto, una colata di cemento e tutto risolto. Alla faccia di chi si lamenta.
Mentre facevano i lavori io e altre persone abbiamo anche tentato di fermare le ruspe, con piccoli interventi di sabotaggio ma, come avrete ben capito (e visto) non c'è stato niente da fare.
Chiedo venìa, ma eravamo solo ragazzini e non avevamo idea di come si fa. Il danno più grande che facemmo è una scritta sul cemento fresco, che ancora c'è, tra l'altro (ma non vi dirò dove è e nemmeno cosa c'è scritto o chi l'ha fatta).
Adesso, quando tutto sembrava finito, ecco la nuova idea:
sbranare un pezzo di parco per far posto a una cazzo di rotonda di merda, in un punto dove una rotonda di merda può entrarci benissimo anche senza togliere un pezzo dal parco ma, soprattutto dove una rotonda (di merda) non serve a una sega.
La scusante che va per la maggiore è che in quella zona c'è sempre traffico ma sono solo stronzate perché il traffico c'è solo per due ore al giorno. basterebbe un merdosissimo vigile a dirigere il traffico per 15 minuti netti e tutto sarebbe risolto ma si sa, facendo rotonde il comune prende soldi dallo stato quindi...
Un altra cosa che non mi è mai andata giù è che intendono fare una rotonda in un posto dove a sinistra c'è un parco giochi per bambini e a destra c'è un bar, un tabacchino/giornalaio e la chiesa (noto ricettacolo di bambini che vanno a comunicarsi, cresimarsi, blablabbarsi).
Ma quello che mi fa veramente incazzare è che per fare la rotonda (di merda) vogliono tagliare un pezzo di parco, portando la strada PRINCIPALE a ridosso delle altalene e del parco dove i bambini giocano a pallone.
E io, stronzo, che ho passato giornate a spazzare in terra, per ripulire lo sporco lasciato da mocciosi e altri stronzi incapaci di usare i cestini . Stronzo io che ci credevo, che volevo dare una mano a un comune composto di stupidi imbecilli che pensavano solo a rifare strade o opere che riguardassero la loro zona. Stronzo io che ci credevo davvero, che ci speravo, in qualcosa di migliore. Povero, piccolo, stronzo riconcoglionito. Io, a farmi dare dell'imbecille a chi mi vedeva spazzare, a litigare coni miei amici per non fargli sporcare in terra, a litigare con i nuovi gruppi che venivano a sporcare.
riassunto: c'è stato un periodo in cui alcuni ragazzi nuovi venivano al parco a praticare skateboard e, ovviamente, come un qualsiasi gruppo di mocciosi riconglioniti, lasciavano sporco da ogni parte. Così, un giorno, oltre a pulire il loro trojaio mi sono anche prodigato in un opera di pulizia più mirata, lanciando i loro attrezzi per allenarsi dentro una siepe. Il giorno dopo abbiamo litigato e poi siamo diventati buoni amici.
A ripensarci oggi mi sento ancora più stronzo, ma lo rifarei.
Anche se poi per tutti quelli che venivano al parco io ero quello cattivo, quello che picchiava i bambini, quello che fumava le canne, quello che sporcava e via dicendo. Qualsiasi cosa succedesse al parco, qualsiasi cosa capitasse ai ragazzini il colpevole ero io. Mai nessuno che mi abbia ringraziato per aver pulito la merda che c'era, mai nessuno che mi abbia detto complimenti per aver mandato via chi si faceva le canne davanti ai ragazzini, mai nessuno che mi abbia offerto un cazzo di caffè come ringraziamento per i vari sbattimenti che dovevo sopportare. e per cosa poi?
per farmi dare dello stronzo, del nonno, del rompicoglioni, del vecchio, dell'imbecille dai miei amici e per farmi odiare da tutti i nuovi arrivati (obiettivamente: una massa di coglioni) perché vedevano in me "il cattivone".
Voi cosa vreste fatto?
io non ho mollato, finché ho potuto. Ma tra il lavoro, la fia e tutto il resto alla fine mi sono arreso. Nemmeno mi pagavano.
E la pista è diventata quello che doveva diventare. Prima l'hanno rifatta ma è servito a poco, perché orde di mocciosi hanno pensato bene di insozzare con scritte idiote e poi se ne sono andati per far posto ad altri mocciosi che passano le giornate ad ubriacarsi bevendo bottiglie contenenti alcool di dubbio gusto.
Adesso, alla luce dei fatti, posso solo dire:
mi arrendo, avete vinto voi.
fate il cazzo che vi pare di quel parco di merda. costrute la rotonda, in modo che nessuno più venga al parco, e fatelo cadere in malora così tra qualche anno potrete farci una bella colata di cemento e costruirci i vostri merdosi palazzi sopra.
In questo modo la massa di pecoroni che abitano nel circondario vi saranno anche riconoscenti perché toglierete una pozzanghera fangosa e puzzolente dalla bella vista di chi non ha capito un cazzo della vita e non sa stare al mondo senza rovinare qualcosa di bello e/o di speciale.
vi auguro una diarrea fulminante.
andate in culo.
amen.
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